La CNA accoglie tra i suoi associati Massimo Polvani, il “Ciabattino” di Pescaiola. “Esempio di saper fare che è alla base della nostra filosofia”, spiega Paolo Pernici di Federmoda

Rappresentare l’innovazione, la tecnologia e gli imprenditori di nuova generazione, ma anche dare voce ai mestieri più tradizionali, che sono parte anche della nostra storia. È questa la mission di CNA, che proprio in questi giorni ha allargato la sua famiglia con Massimo Polvani, uno degli ultimi rappresentanti del mestiere di calzolaio, anzi di “ciabattino”, come dice lui. È, infatti, proprio questo il nome della sua bottega, presenza storica nell’altrettanto storico quartiere di Pescaiola ad Arezzo.

Massimo Polvani è rimasto uno dei pochi ad effettuare riparazioni di scarpe, un lavoro che era comunque nel suo destino fin da quando, a 15 anni, fu portato dal babbo a lavorare in fabbrica in un’azienda che produceva, per l’appunto, scarpe. “L’idea di lavorare in proprio mi è venuta tanti anni fa sentendo un’intervista ad Andreotti che disse che è vero che serve tanta gente che lavori al computer, però ci vorrà anche chi i computer li ripara. In quel momento ho realizzato che la mia missione non sarebbe stata quella di produrre le scarpe, ma di ripararle”. Dopo alcune esperienze anche in grandi centri commerciali, il suo sogno, quello della “botteghina”, si è realizzato quando si è insediato a Pescaiola.

“Sono ormai quasi 25 anni che sono qui, e ho visto cambiare completamente il lavoro -, racconta Polvani. Oggi infatti è cambiato il materiale con il quale si producono le calzature e mentre prima tutti andavano dal calzolaio adesso quasi sempre si comprano scarpe che non è conveniente aggiustare. Basti pensare alle suole che io definisco a scadenza, che si distruggono completamente dopo un po’ che le si usa. I miei clienti quindi sono persone che hanno problemi di postura e che necessitano di correzioni, oppure i pochi che comprano scarpe di qualità, ed è indubbio che se il numero dei calzolai fosse rimasto quello di qualche anno fa non ci sarebbe lavoro per tutti. A questo si aggiunge una difficoltà organizzativa, dovuta al fatto che ogni volta che arriva un cliente si deve interrompere il lavoro, ma che allo stesso tempo non ci si può permettere di destinare una persona all’accoglienza del cliente. In sintesi, uno è poco e due sono troppi”. Massimo però ci tiene anche a sottolineare l’importanza della passione con la quale si lavora, e la cura che consente di essere comunque un punto di riferimento: “A volte faccio lavori che sarebbe meglio non fare, che richiedono tanto tempo per poco guadagno, e inoltre non uso colle fatte apposta per durare poco, soprattutto per i tacchi. Il mio è e deve rimanere un laboratorio artigiano”.

La recente chiusura di una delle attività della città ha comportato per Massimo Polvani un aumento di lavoro considerevole, ma la prospettiva è comunque a suo giudizio limitata: “In una città come Arezzo ci sarà spazio per un paio di calzolai”, conclude. In provincia di Arezzo i calzolai rimasti sono 21, come ricorda il Presidente di Federmoda CNA Paolo Pernici: “Il saper fare dei nostri artigiani spazia davvero in ogni campo, dai più tradizionali ai più innovativi, ed il compito di un’associazione che li rappresenta è anche quello di evidenziare quanto queste differenze siano una vera e propria ricchezza per il territorio e l’economia. Custodire questa memoria, quindi, in fondo è anche un modo di aprirsi al futuro”, conclude Paolo Pernici.

RASSEGNA STAMPA

Massimo, l’ultimo ciabattino

Noi calzolai in via di estinzione